“Uno dei criteri per riconoscere subito un buon psicoterapeuta e/o counselor è la sua attenzione nello strutturare un serio setting”
Michele Iannelli
Il setting terapeutico
I dizionari di lingua inglese e americana offrono numerose traduzioni della parola setting; esse hanno in comune alcuni significati che possono essere utili per comprendere che cosa è il setting terapeutico e quale è la sua funzione; tali concetti sono relativi a ciò che dà forma, posizione, direzionalità, scenario, ambientazione e contenimento a un qualcosa che scorre e procede.
Possiamo, quindi, indicare, nel caso della psicoterapia, il setting come una strutturazione di un campo nel quale si svolge e si anima un processo di cura.
Qualsiasi esperimento scientifico ha bisogno di un campo strutturato da variabili e condizioni per poter aver luogo e significatività; analogamente il setting viene a rappresentare il campo strutturato all’interno del quale ha luogo un percorso di cura.
È il campo strutturato che permette alla relazione terapeutica di attivarsi nei suoi aspetti più concreti e in quelli più impalpabili ma, a maggior ragione, importanti quali l’empatia, l’accoglienza, l’alleanza terapeutica, la libertà del paziente e la possibilità di una relazione adulta.
Come negli esperimenti scientifici gli strumenti consciamente usati e le variabili consciamente introdotte permettono di fare osservazioni significative, così le regole e i parametri concordati e costituenti il campo strutturato della relazione terapeutica permettono di dare significativa’ a ciò che succede consentendo al paziente di acquisire consapevolezza di sé.
La strutturazione del campo da significatività al comportamento della coppia paziente – terapeuta; è, quindi, la strutturazione del campo che, per esempio, previene il rischio che gli interventi del terapeuta siano l’espressione di un dannoso e sterile soggettivismo.
Le tre scacchiere della psicoterapia
Il setting con le sue regole ufficiali e condivise permette di giocare la partita del percorso psicoterapeutico su tre metaforiche, virtuose e interconnesse scacchiere:
la scacchiera 1, costituta dalle regole ufficiali e condivise del setting; essa assume il ruolo e il significato di rappresentante delle norme del mondo reale;
la scacchiera 2, che è data dal sistema di regole funzionali e disfunzionali del soggetto-paziente derivanti dalla sua storia, dalla sua personalità e dalle sue problematiche;
la scacchiera 3, cioè quella della relazione psicoterapeutica medico-paziente.
Il sistema specifico delle regole del soggetto (scacchiera 2) si può, dunque, estrinsecare e confrontare in e con un ambito protetto e controllato (scacchiera 1) generando ragguardevoli possibilità di presa di consapevolezza derivanti, anche e soprattutto, dalla relazione terapeutica duale (scacchiera 3) caratterizzata di per sé da un alto voltaggio emotivo.
Le variabili della strutturazione di un setting in psicoterapia
Le variabili della strutturazione di un setting dipendono da diversi fattori. Innanzitutto dallo specifico retroterra, culturale e scientifico del medico (per esempio: psicodinamico, cognitivista, umanistico esistenziale, bioenergetico, olistico con integrazione di medicinali omeopatici, omotossicologici, floriterapeutici, nutraceutici, etc. Altre variabili derivano, entro certi limiti, dalla domanda e dagli elementi distintivi del paziente. Essi sono relativi al suo livello di funzionamento dell’io, ai suoi obiettivi, alle sue possibilità economiche, temporali, al suo livello culturale, alle caratteristiche specifiche di orario di lavoro. Altre, ancora, sono relative al luogo della terapia: per esempio studio privato, studio convenzionato o struttura pubblica.
Caratteristiche di un setting in Psicoterapia
Un certo livello di personalizzazione, di flessibilità e diversificazione del setting deve, però, sempre essere accompagnato dall’irrinunciabile presenza di alcune caratteristiche essenziali che tutti i setting devono possedere. Il setting, infatti, deve essere stabile definito, condiviso e garantito dal terapeuta.
Il setting con le sue regole e parametri una volta individuato deve rimanere stabile per tutto il corso della terapia; sono infatti sconsigliabili cambiamenti in corso d’opera.
Esso deve essere ben definito in quanto elementi non chiaramente determinati non sono strutturanti e, quindi, non hanno, per esempio, la capacità di presentare i dati della relazione terapeutica nella loro incontrovertibilità.
Il setting, inoltre, deve essere condiviso; un setting, infatti esistente solo nella mente del terapeuta o imposto sarebbe solo un nonsense fuorviante.
La definizione e la condivisione si attuano nel comunicare alla fine dei colloqui preliminari chiaramente le regole da parte del terapeuta con una conseguente accettazione da parte del paziente. Possiamo, infatti, dire che per giocare bene occorre che i giocatori conoscano le regole del gioco e che le accettino. Anche se, paradossalmente, le regole servono a evidenziare aspetti strutturali del paziente proprio nel suo stile non solo di accettazione, ma anche di trasgressione di esse.
Il terapeuta, infine, pur essendo protagonista anch’esso della relazione, deve svolgere la funzione di garante della salvaguardia del setting operando come io adulto.
Regole del setting in Psicoterapia Olistica
Nel caso della Psicoterapia Olistica, un aspetto da evidenziare subito, in quanto peculiare, è quello relativo alla prescrizione dei medicinali naturali, dei nutraceutici e dei probiotici. Tale elemento fa parte in senso stretto del setting e assume una rilevanza molto particolare e intensa; il medico deve porre un’efficace attenzione a questa variabile.
A proposito di quest’argomento si può sottolineare, per esempio, l’aspetto dell’assunzione dei rimedi come metaforica continuazione del rapporto con il terapeuta durante il periodo che intercorre tra gli incontri e, quindi. come oggetto transizionale.
Dall’altra parte, è molto interessante osservare lo stile comportamentale ed emozionale del paziente rispetto alla regola dell’assunzione dei rimedi naturali prescritti.
Il mio retroterra culturale che oltre ad essere olistico è anche di tipo psicodinamico e la mia esperienza clinica fanno si che nel mio setting vigano le seguenti regole: le libere associazioni (dire tutto quello che passa per la mente), le decisioni importanti sono da condividere e da elaborare in seduta (il terapeuta, però, si asterrà dal fornire consigli), l’astinenza (la terapia deve rimanere solo nell’ambito verbale; ogni desiderio e impulso può e/o deve essere esplicitato dal paziente ma mai agito).
Alle regole aggiungo l’indicazione della grande utilità del racconto dei sogni e del lavoro su di essi.
I parametri del setting in Psicoterapia Olistica
Altri elementi importanti del setting sono costituiscono dai parametri che vanno regolamentati; essi sono il luogo della terapia, la durata dell’incontro, la frequenza delle sedute, la posizione del terapeuta e del paziente, le assenze, le interruzioni e l’onorario del terapeuta.
Il luogo: esso è la stanza dove avvengono gli incontri; è uno degli elementi spazio temporali del setting come luogo ritagliato per poter permettere una riflessione su se stessi e per avviare un processo di cambiamento. La stanza degli incontri deve essere sufficientemente spaziosa, confortevole e arredata con calore e sobrietà. Essa deve ritagliare uno spazio protetto che sia privo di interferenze acustiche o di altro tipo e che garantisca la privacy del paziente. La stanza deve essere sempre la stessa per ciascun paziente; è, ovviamente concepibile la fisiologica possibilità da parte del terapeuta di trasferire in un altro studio la sua attività, ma questa è una evenienza che si può attuare relativamente di rado.
La durata dell’incontro: è un altro aspetto spazio temporale rilevante. È bene far durare gi incontri tra 50 e 55 minuti, lasciandosi uno spazio tra un paziente e un altro. Da evitare prolungamenti, anche su richiesta.
La frequenza delle sedute: generalmente una volta alla settimana, in alcuni casi due.
La posizione del terapeuta e del paziente: faccia a faccia senza l’interposizione della scrivania. Questa modalità sottolinea e favorisce l’interazione e la relazione; permette, inoltre, al terapeuta di osservare la globalità della comunicazione del paziente cogliendo così anche gli aspetti non verbale e paraverbali di essa.
Le assenze: la questione assenze è estremamente delicata; essa va regolamentata. Il principio di base che deve vigere è che l’ora fissata dalla quale il paziente si assenta deve essere comunque pagata. Nel caso di lunghe malattie è possibile proporre interruzioni e anche nel caso di lunghe partenze per motivi di studio o di lavoro. Gli incontri mancati per responsabilità del terapeuta ovviamente non vanno pagati. Per quanto riguarda gli eventuali recuperi sarà bene farli richiedere dal paziente in caso di sua assenza o proporli direttamente in caso di assenza del terapeuta.
Le interruzioni: quelle dovute a vacanze del terapeuta che corrispondono generalmente ai periodi di Pasqua, natalizi, ed estivi devono essere preventivamente comunicate al paziente, altrimenti potrebbero essere una variabile improvvisa vissuta malamente dal paziente. Se le ferie del terapeuta e del paziente non corrispondono perfettamente sarà bene rispettare la esigenza del paziente a costo di prolungare i periodi di interruzione.
L’onorario del terapeuta: anche questo è un problema delicato. Esso riguarda da una parte l’ovvio e concreto bisogno del terapeuta di sostentamento e pagamento rispetto al proprio impegno, dall’altra parte l’aspetto terapeutico del pagare. Il paziente deve pagare ragionevolmente (anche in relazione a quanto può permettersi) in quanto tale parametro rappresenta un elemento importante nella terapia. Esso, infatti, fa cogliere al paziente l’importanza, il valore, l’aspetto di investimento del lavoro che sta svolgendo. Il pagamento aiuta, inoltre, il paziente a porsi in una posizione paritaria e chiara nei confronti del terapeuta. Inoltre, un onorario, di un certo peso è uno stimolo, affinché, il lavoro intrapreso non sia interminabile. Ovviamente questo parametro risulta sempre più spesso condizionato e modificato da situazioni in cui entra in gioco un terzo elemento quale l’istituzione pubblica ed eventuali assicurazioni private. Questa introduzione di una terza componente dovrà essere presa ovviamente in considerazione per poter comprendere come assume significatività nell’ambito della relazione terapeutica.
Ci sono, infine, altre questioni che meritano di essere prese in esame che riguardano il darsi del Tu o del Lei, l’accettazione dei regali, le telefonate, i contatti con i familiari. Queste, questioni anche esse delicate, sono da valutare da caso a caso e riguardano anche lo stile personale del terapeuta. È importante tener presente che nel momento in cui esse si presentano devono essere regolamentate ai fini di una definizione della relazione.
DOTT. MICHELE IANNELLI
Medico, Specialista in Psicologia Clinica, Esperto in Neuroriflessoterapia Personalizzata (Medicina Punti Dolorosi), Psicoterapeuta, Omeopata, Floriterapeuta e Trainer di Camminata Metabolica.
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