“Un vero viaggio di scoperta non è cercare nuove terre
ma avere nuovi occhi”
– Marcel Proust, scrittore (1871-1922)
Introduzione
A questa domanda si può rispondere subito in modo sintetico e incisivo. Se, infatti, da una parte è vero che durante il digiuno non introduciamo nessun alimento al di fuori dell’acqua è, d’altra parte, altrettanto vero che le singole cellule e, quindi, i tessuti e gli organi che esse costituiscono, continuano a nutrirsi abbondantemente grazie alle risorse già presenti nel corpo.
Per comprendere meglio la capacità dell’uomo di mobilitare le sue risorse interne per sopravvivere in assenza di cibo, dobbiamo prima passare in rivista i suoi fabbisogni alimentari.
Gli alimenti
Lo svolgimento di tutte le attività necessita di energia.
I protagonisti della produzione di energia e della costruzione e del mantenimento delle nostre strutture sono gli alimenti, che introduciamo bevendo e mangiando. Dal punto di vista biochimico nei cibi e nelle bevande sono individuabili alcune fondamentali categorie:
A) Gli zuccheri, denominati anche carboidrati o glucidi o glicidi
(un tipico esempio di alimento ricco di zuccheri è la pasta)
B) Le proteine, costituite da 20 molecole fondamentali denominate aminoacidi (un esempio tipico di alimento ricco di proteine è la carne)
C) I grassi, denominati anche lipidi (un alimento molto ricco di grassi è il lardo).
D) Le vitamine, sostanze indispensabili per il nostro metabolismo.
E) I minerali e gli oligoelementi, che, non solo costituiscono parti importanti del nostro corpo come, ad esempio, lo scheletro, ma hanno, anche, una funzione fondamentale per l’attuazione delle numerosissime reazioni biochimiche che avvengono nell’organismo.
F) Per ultima (ma non certo in ordine di importanza) ricordiamo l’acqua.
Elaborazione degli alimenti e produzione di energia
Zuccheri, proteine e grassi, dopo essere stati scissi nelle loro parti essenziali tramite gli enzimi digestivi, sono assorbiti ed immessi nel circolo sanguigno; nelle cellule, all’interno di quelle che possono essere considerate delle microscopiche centrali energetiche (i mitocondri), subiscono un’ulteriore “lavorazione” attraverso cicli e catene metaboliche che portano alla produzione d’acqua, anidride carbonica e di molecole d’Adenosintrifosfato (A.T.P.). Queste ultime immagazzinano l’energia per poi cederla immediatamente al momento del bisogno. Se mangiamo troppo rispetto al nostro fabbisogno l’energia eccedente è immagazzinata, a lungo termine, attraverso la formazione di grassi.
Un elemento di spicco per la produzione dell’energia è il glucosio; esso deriva dalla digestione degli zuccheri che introduciamo con gli alimenti. Il suo utilizzatore”più importante” è il cervello, per il quale il glucosio è essenziale quanto l’ossigeno; in condizioni di normale alimentazione esso usa il glucosio come suo unico combustibile.
Nell’organismo umano a riposo il cervello consuma circa i due terzi del glucosio fornito con la circolazione, mentre utilizza circa il 45% del rifornimento d’ossigeno. La maggior parte del terzo restante del glucosio va ai muscoli scheletrici e ai globuli rossi.
Il cervello umano richiede tra i 100 e i 145 grammi di glucosio (equivalenti a circa 400-600 calorie) al giorno.
I livelli di glucosio sono regolati principalmente da due ormoni l’insulina ed il glucagone. L’insulina ne stimola il consumo e la trasformazione delle eccedenze in glicogeno, proteine e grassi. La principale riserva di glucosio, infatti, si trova nel fegato sotto forma di glicogeno che è una molecola formata appunto dall’unione di numerose sub-unità di glucosio. La quantità di glicogeno è inferiore a 100 grammi e, inoltre, parte di questa riserva non è ordinariamente a disposizione perché il fegato tende a conservarne una certa quantità per le eventuali situazioni d’emergenza da fronteggiare. La riserva di combustibile del fegato può, quindi, sopperire alle necessità del cervello e degli altri organi soltanto per poche ore.
Cosa succede all’inizio del digiuno
Il glucosio di riserva non è, in effetti, sufficiente nemmeno per la durata del digiuno notturno tra la cena e la colazione. Già in questo breve intervallo, infatti, al fegato arrivano, tramite il sangue, gli aminoacidi derivanti dalle proteine dei muscoli scheletrici per sintetizzare il glucosio richiesto. In un individuo che ha consumato un pasto alle ore 22, certi aminoacidi, che sono precursori della sintesi del glucosio, cominciano ad accumularsi nel plasma sanguigno verso l’una di notte e continuano ad aumentare fino alla colazione.
Tutto, ciò avviene grazie alla mobilitazione dell’altro ormone: il glucagone, il quale entra in azione quando c’è poco glucosio nel sangue stimolando processi inversi da quelli attivati dall’insulina. Esso, infatti, promuove la scissione del glicogeno in molecole di glucosio e la formazione d’altro glucosio a partire non solo dalle proteine, ma anche, dai grassi.
Se la scissione delle proteine nei suoi mattoni costitutivi, cioè gli aminoacidi, continuasse alla velocità iniziale, i muscoli scheletrici si esaurirebbero rapidamente e l’uomo non potrebbe sopravvivere a lungo. Fortunatamente se facessimo un’analisi biochimica del sangue si osserverebbe che, contemporaneamente, esso contiene anche acidi grassi liberi derivanti dai trigliceridi che costituiscono i lipidi e che, come vedremo, sono capaci, seguendo “vie traverse”, di fornire energia durante il digiuno prolungato.
Cosa succede col proseguire del digiuno
Con il prosieguo del digiuno una parte sempre maggiore della perdita di peso è imputabile al consumo di grasso corporeo. Il grasso è molto più ricco d’energie di quanto non lo siano altre sostanze nutrienti. Esso fornisce circa nove calorie per grammo di peso nel corpo, mentre le proteine forniscono soltanto quattro calorie per grammo. Di conseguenza, ogni unità di consumo di lipidi corporei dà molta più energia all’uomo a digiuno. Questo è probabilmente il principale fattore che rallenta la perdita di peso man mano che il digiuno si prolunga.
Col prolungarsi del digiuno, inoltre, una serie di eventi viene in aiuto all’organismo. La velocità del metabolismo basale rallenta e il bisogno di calorie è ulteriormente ridotto dalla perdita di tessuto metabolicamente attivo. La persona digiunante s’impegna in un’attività meno sostenuta e risparmia nel consumo, in modo da usare più efficientemente l’energia disponibile per compiere un certo carico di lavoro. La diminuzione del consumo delle calorie però non basta a risolvere i problemi. Ci si trova, infatti, di fronte a due richieste apparentemente inconciliabili. Da una parte il cervello richiede ancora un rifornimento giornaliero d’energia equivalente ad almeno 100 grammi di glucosio; ma, d’altra parte, la sua sintesi, a quella velocità esaurirebbe, come abbiamo visto, rapidamente le proteine dalle quali la vita dipende. I trigliceridi del tessuto grasso costituiscono una fonte per la sintesi di glucosio, ma essi ne possono fornire soltanto circa 16 grammo al giorno proprio perché paradossalmente la loro trasformazione in glucosio è limitata dalla carenza di glucosio stesso. Allo scopo di ottenere il resto del fabbisogno giornaliero (circa 90 grammi) il sistema dovrebbe decomporre circa 155 grammi di proteine muscolari ma ciò, come abbiamo già detto, sarebbe incompatibile con la vita e non permetterebbe quei lunghi digiuni che tranquillamente sono effettuati.
Per una maggiore chiarezza, fermiamoci un attimo, e facciamo il punto della situazione ricordando che:
A) il cervello in una situazione di normale alimentazione usa per i suoi fabbisogni energetici solo il glucosio;
B) durante il digiuno:
- la riserva di glucosio sotto forma di glicogeno è esaurita in poche ore
- le proteine non si possono trasformare in glucosio (se non in piccola parte) pena la morte dell’individuo
- i grassi sono trasformati in glucosio solo in piccolissima parte proprio paradossalmente a causa della carenza di glucosio.
Dal terzo giorno di digiuno in poi
Ci troveremmo, quindi, di fronte ad un vicolo cieco in cui, tra le altre cose, il cervello non avrebbe di che nutrirsi e ciò sarebbe evidentemente incompatibile con la vita.
Nella realtà il problema è brillantemente risolto dalle variazioni che avvengono nei nostri circuiti metabolici, dalla mirabile capacità del cervello di adattarsi ad un altro tipo di combustibile e dal lavoro del fegato.
Nell’uomo, infatti, dopo circa due giorni dall’inizio del digiuno i grassi imboccano una via metabolica alternativa a quell’usuale. Questa strada alternativa porta alla produzione di una molecola che è denominata acetoacetato; essa, a sua volta, può essere trasformata in modo reversibile in un’altra molecola denominata acido idrossibutirrico. Acetoacetato ed acido idrossibutirrico sono prodotte essenzialmente nel fegato ed utilizzate come”pasto” dalla muscolatura del cuore, dai muscoli scheletrici e dal cervello il quale, non avendo più a disposizione il glucosio, si adatta senza alcun problema ad alimentarsi con queste due nuove “pietanze” derivanti dai depositi di grasso.
L’Acetoacetato può, inoltre essere trasformato in acetone il quale, essendo difficilmente utilizzabile come nutriente, viene in massima parte eliminato all’esterno tramite i polmoni. L’acetone è, quindi, responsabile, insieme alle tossine eliminate, del particolare odore dell’alito delle persone che digiunano.
Actoacetato, acido idrossibutirrico e acetone sono denominati nel loro insieme “corpi chetonici”; la fabbrica che li produce è il fegato, il quale durante il digiuno mostra le sue doti lavoratore instancabile. Il fegato può essere considerato un organo”generoso” poiché non si nutre di ciò che produce. Esso è, infatti, in grado di soddisfare con efficacia e parsimonia, i suoi fabbisogni energetici con “chetoacidi” derivanti dalle proteine e da non confondere con i “corpi chetonici” che derivano dai grassi.
La metabolizzazione dei grassi non solo permette l’autosostentamento, ma determina, anche, una augurabile liberazione di tossine eventualmente incamerate nel tessuto adiposo.
Autolisi e autofagia durante il digiuno
Per ancor meglio comprendere quello che succede durante il digiuno dobbiamo anche parlare del concetto e del fenomeno della cosi detta “autolisi” e della conseguente “autofagia”. L’organismo, infatti, dimostrando straordinaria intelligenza, durante il digiuno non solo si nutre, di grassi, ma, secondo questa ipotesi, sceglie, in maniera mirata e selettiva, di nutrirsi di cellule e molecole non solo inutili ma anche anomale e dannose come, ad esempio, le neo formazioni, le cisti e le strutture lipodistrofiche localizzate nel connettivo (cellulite). Nel nostro organismo, inoltre, possono essere, eventualmente, presenti”piccoli mostri” denominati”peptidi selvaggi”: si tratta di aggregati anomali costituiti da proteine che inglobano nella loro struttura “pezzi” di antibiotici, di batteri, di farmaci anti infiammatori e di sulfamidici. Questi “mostriciattoli” si formerebbero quando i fisiologici meccanismi della infiammazioni sono perturbati dai farmaci suddetti. Contro i “peptidi selvaggi” reagirebbe il sistema immunitario producendo anticorpi. Si formerebbero così dei complessi formati da peptidi selvaggi ed anticorpi. Questi depositandosi nel connettivo lo intossicano e possono innescare un circolo vizioso che porterebbe all’instaurarsi di patologie a carico del sistema immunitario stesso. Si può ipotizzare, quindi, che, durante il digiuno, anche questi peptidi selvaggi siano oggetto di autolisi con il risultato di un utilizzo della parte proteica come combustibile ed una salutare “liberazione” ed eliminazione delle componenti tossiche ( farmaci allopatici e frammenti di batteri). La detossificazione renderebbe possibile anche una mobilitazione ed una proficua utilizzazione di vitamine, minerali, ed oligoelementi già presenti nell’organismo.
Il fenomeno dell’autolisi ci spiegherebbe, inoltre, in parte gli enormi effetti benefici che si osservano con il digiuno. tra i quali quelli di una modulazione ed attivazione del sistema immunitario. La grande intelligenza che il nostro organismo dimostra, quando è attivato dal digiuno, è anche testimoniata dal fatto che, straordinariamente, non si osservano quelle ptosi ( abbassamenti degli organi) che si possono, invece verificare nei casi di dimagramento correlati all’anoressia, alle diete squilibrate e a stati di malnutrizione.
DOTT. MICHELE IANNELLI
Medico, Specialista in Psicologia Clinica, Esperto in Neuroriflessoterapia Personalizzata (Medicina Punti Dolorosi), Psicoterapeuta, Omeopata, Floriterapeuta e Trainer di Camminata Metabolica.
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