Gli interventi del medico durante i colloqui nel counseling sono sostanzialmente di due tipi: domande e riformulazioni; nel caso della psicoterapia è prevista anche l’interpretazione.
Domande
La domanda è un intervento che consiste nel chiedere qualcosa a qualcun altro o a se stessi.
Al di là dell’apparente semplicità di questa definizione, occorre aver presente che le domande, che sono praticate nell’ambito di una relazione terapeutica, hanno peculiarità che le differenziano nettamente dalle domande che di solito formuliamo nella vita extraprofessionale.
In ambito terapeutico, infatti, è bene che esse siano essenzialmente mirate a favorire l’estrinsecazione, l’esplorazione, la conoscenza e la comprensione delle questioni che riguardano il persona in terapia.
E’ necessario, quindi, evitare quelle che rispondano alla soddisfazione di inopportune necessità e/o curiosità del terapeuta, quelle mirate a individuare un’inesistente e inutile “verità oggettiva” o a indurre e orientare la risposta del paziente.
Il valore di una domanda dipende non solo dal suo contenuto, ma, anche, dal modo con e dal contesto in cui essa viene realizzata: una domanda con gli stessi contenuti può essere “buona” oppure eccessivamente intrusiva se viene effettuata con un tono della voce brusco e/o troppo precocemente.
Tipologie di domande
Domande aperte: sono quelle che consentono un’ampia possibilità di risposta, agevolano l’esposizione di opinioni e pensieri, offrono l’opportunità di replicare con i propri tempi e le proprie modalità.
Sono utilissime perché permettono al medico di entrare nell’-universo del paziente- e perché contribuiscono a far nascere, ampliare, approfondire e consolidare la relazione e l’alleanza terapeutica. Un esempio di domanda aperta è: “La sua condizione emotiva come cambiò in seguito quell’incontro?”.
Aggiungiamo, inoltre, che la “madre” di tutte le domande aperte è quella con cui possiamo iniziare, efficacemente e semplicemente, il primo colloquio con la persona che si è rivolta a noi: “Come mai ha pensato di rivolgersi a me?” Oppure: “Cosa l’ha spinta a chiedere questo appuntamento?”
Domande chiuse: sono domande dirette e quindi richiedono risposte precise e circostanziate.
Sono utili quando si ha bisogno di informazioni specifiche e circoscritte ed è bene farle solo quando c’è effettivamente bisogno di questo.
Un esempio di domanda chiusa è: “Quanto durò il suo ricovero?”
Domande semistrutturate: in questo caso è il medico a scegliere l’argomento oggetto della domanda, ma lascia spazio e libertà al paziente; per esempio: “Mi descrive la sua depressione?”
Domande ad alternative multiple: il medico nella domanda propone più alternative di risposta; per esempio: “Il disagio che prova. quando si reca a lavoro, lo definirebbe come noia, preoccupazione, stanchezza o paura di qualcosa?”
La riformulazione
La riformulazione è una importantissima e preziosissima pratica che consiste in buona sostanza nel rispecchiare e nel restituire (concisamente e chiaramente) il contenuto e il significato delle comunicazioni scaturite dal paziente e recepite dal medico.
E’ basilare che venga effettuata in modo tale che la persona possa riconoscerla come il frutto del rispecchiamento e dell’elaborazione di una comunicazione verbale, paraverbale e non verbale che gli appartiene. A questo proposito è fondamentale che il terapeuta non aggiunga nulla di suo; se questo accadesse potremmo prefigurare o una scarsa comprensione di ciò che è stato comunicato o una sua proiezione o un suo sconfinamento in un’altra modalità di intervento che è l’interpretazione.
La riformulazione è indubbiamente l’operazione più interessante e proficua nel Counseling e nella Psicoterapia olistica umanistica.
Se ben effettuata ha, infatti, il grande vantaggio di essere relativamente semplice permettendo nel contempo di raccogliere ottimi frutti.
In effetti, quando una riformulazione è stata realizzata nei modi, nei tempi e nei toni “giusti” ci accorgiamo immediatamente di aver colto nel segno. Il paziente assume, infatti, un’espressione dei viso in cui è possibile leggere la sorpresa di una scoperta, la luce di una intuizione, il dolore e l’imbarazzo per lo svelamento di ciò che era negato, la contentezza per un qualcosa che si gli si è finalmente chiarito.
Spesso, a un’appropriata riformulazione seguono ulteriori comunicazioni che suonano di conferma della “bontà” dell’intervento e che riguardano, il più delle volte, vicende e vissuti dell’infanzia.
La buona riformulazione produce, cioè, un effetto propulsivo ai fini di ulteriori esplicitazioni del paziente.
Ciò avviene perché il persona avverte di avere a che fare con un interlocutore attento, competente, empatico; in grado di ascoltarlo, di comprenderlo, di cogliere ciò che è essenziale per lui, di farlo sentire accettato e accettabile, attraverso un rispecchiamento che non pone condizioni e che non emette giudizi.
Tutto ciò si traduce nella produzione di sempre maggiori livelli di conoscenza, coscienza e consapevolezza che sono i principali fattori nell’agevolare un miglioramento della sua qualità della vita. E’ questo in definitiva il vero obiettivo di un percorso di Counseling o di Psicoterapia.
Nell’ambito di questo obiettivo globale possiamo individuare una serie di fattori virtuosi specifici che derivano da riformulazioni ben proposte. In una relazione terapeutica è essenziale offrire al paziente gli spazi e i tempi per attuare un percorso che gli permetta di individuare, consapevolizzare e integrare i punti focali e i nodi cruciali che lo hanno portato alla sofferenza.
Tale percorso deve anche avere la valenza di una riscoperta e attivazione delle risorse personali, delle proprie qualità positive utili per concretizzare il suo peculiare progetto esistenziale.
E’ indispensabile, quindi che il paziente si senta partecipante attivo del processo terapeutico e protagonista di una scoperta.
Il medico è colui che lo aiuta, lo incoraggia e lo indirizza a rendersi conscio di impulsi, pensieri e sentimenti che nascono da lui: ascoltare e percepire ciò che accade nel suo mondo intrapsichico e relazionale.
La riformulazione in virtù della sua natura è un potente mezzo per far sentire il paziente protagonista principale: il più attivo e competente sulle questioni che lo riguardano.
Dal punto di vista del terapeuta possiamo aggiungere che (al di là degli aspetti tecnici) è necessario per la riuscita di questi interventi o di quelli qualsiasi altro tipo che essi scaturiscano da un genuino interesse ad ascoltare, comprendere e agevolare l’altro. Il medico deve ricercare una verifica, da parte del paziente, alle proprie riformulazioni; a questo fine è opportuno che la restituzione non abbia mai un tono dogmatico e/o ultimativo.
Essa deve essere tale da favorire un riscontro. Qualora il paziente non si riconosca nei contenuti della riformulazione, la cosa più utile e semplice da fare è lasciare spazio alla persona per correggere e/o aggiungere qualcosa. Al contrario, interpretazioni malfatte in quanto preconfezionate, avrebbero gli spiacevoli effetti collaterali di rendere il percorso astratto, inefficace e di alimentare la passività della persona.
L’interpretazione
L’interpretazione è un intervento che si usa nell’ambito della Psicoterapia Olistica Umanistica e non nel Counseling Olistico Umanistico.
E’ un azione diversa e più complessa rispetto alla riformulazione; e’ più difficile poiché aggiunge qualcosa che va oltre ciò che è stato detto dal paziente.
Essa, infatti, tende a fornire significati agli eventi e ai vissuti della persona sulla base dell’orientamento culturale e delle intuizioni del medico.
Per quanto detto è, dunque, un’azione terapeutica che va usata con tatto, acume e delicatezza e solo quando si è instaurata una robusta alleanza con il paziente.