Fiore di Bach Gorse
Ginestra
Ulex Europaeus
“Grande disperazione, essi hanno rinunciato a credere che si possa fare ancora qualcosa per loro.
Con la persuasione, o per accontentare gli altri, possono provare diversi trattamenti, ma allo stesso tempo,affermano convinti, a chi sta loro intorno, che vi è ben poca speranza di miglioramento.”
– Indicazione di Edward Bach
“La speranza è un seccatore indiscreto di cui
non ci si può liberare.”
– Sören Kierkegaard
La ginestra è un arbusto spinoso, proprio dell’Europa nordoccidentale, dalla grande fioritura, di color giallo splendente, di grande bellezza, simbolo del sole.
Cresce in luoghi inospitali, con scarsezza d’acqua, in terreni secchi ed esposti al vento; è una pianta tenace, come è tenace la speranza.
Gorse è il primo fiore individuato da Bach tra quelli che temporaneamente denominò i “quattro rimedi d’aiuto ai dodici guaritori”(Gorse, Oak, Heather, Rock Water).
Gorse è dunque il tredicesimo della serie e fu “scoperto” poco prima della Pasqua del 1933. Voleva infatti trovare una soluzione per alcuni stati mentali particolarmente inveterati, profondamente radicati ed intensamente pervasivi.
Edward Bach fu colpito da Gorse, in quanto dopo l’inverno grigio e tetro, con il suo colore giallo e solare, il suo profumo e la sua prorompente presenza sul territorio, offriva una sensazione di rinascita e di ritrovata speranza; fa parte del gruppo dei rimedi “per coloro che soffrono di incertezza”.
Caratteristiche della persona che si giova di Gorse
La frase di Edward Bach rimanda in prima battuta ad un stato molto intenso di perdita di speranza a causa, per esempio, di un lungo periodo di malattia che ha fatto maturare nella persona la netta e spiacevole sensazione che ci sia poco o nulla da fare per uscirne.
Gli esempi di lunghe e penose malattie posso essere numerosissimi e più o meno oggettivamente gravi, ma, ognuno di noi di fronte a tali evenienze reagisce in modo diverso. In realtà questo rimedio può essere utile sia a coloro che, a causa della loro storia, più facilmente incorrono in una rassegnata disperazione (in seguito ad eventi negativi prolungati nel tempo), sia per le persone che, pur non predisposte, subendo evenienze avverse, temporaneamente perdono la speranza.
Le persone predisposte tipologicamente ad incorrere nella disperazione possono essere così strutturate per aver vissuto, assorbito e coltivato un assetto esperienziale, emotivo ed esistenziale in cui tutto è filtrato attraverso una patina di pessimismo, impotenza ed ineluttabilità. In altri casi lo stato di malessere è vissuto come un “vantaggio secondario” e rappresenta il “bozzolo” rassicurante dal quale la persona non “vuole” inconsciamente uscire e lo alimenta continuamente, con il pessimismo e la disperata rassegnazione.
La malattia non è l’unico campo in cui si può utilizzare Gorse: il lavoro, lo studio, le attività sociali e le relazioni affettive sono altri importantissimi ambiti nei quali è molto utile tener presente questo rimedio.
Qualche riflessione sulla speranza: la speranza è uno stato d’animo che è fatto di fiducia che avvenga un avvenimento desiderato o che si raggiunga uno scopo prefissato. Bastano queste parole per comprendere quanto la speranza sia il carburante più importante per il nostro intelletto e le nostre azioni, l’unguento che lenisce e sana le nostre ferite e la tisana che rende placido e riposante il nostro sonno.
Gorse nella relazione terapeuta-paziente
Edward Bach scrive che la persone bisognose di Gorse “Con la persuasione, o per accontentare gli altri, possono provare diversi trattamenti, ma allo stesso tempo,affermano convinti, a chi sta loro intorno, che vi è ben poca speranza di miglioramento”: questo non è certamente un punto di partenza vantaggioso nell’ambito rapporto terapeuta-paziente. Occorre, tra l’altro, sottolineare che alcuni pazienti, inconsciamente, si crogiolano in questo stato di malessere; per taluni la grande disperazione e la rinuncia sono parte integrante di un nevrotico copione di vita che, inconsapevolmente, è stato appreso in famiglia e/o sono una disfunzionale strategia di sopravvivenza.
Il compito del terapeuta in questi casi dovra’ essere certosinamente paziente e laborioso. La persona in cura farà di tutto per trascinare il terapeuta nella disperazione e nella rinuncia. In questi casi sarà spesso evidente un linguaggio non verbale e para verbale fatto di un’infantile resistenza e capricciosità e di una sotterranea sfida con il terapeuta; saranno, inoltre, messe in atto azioni di auto sabotaggio esistenziale e di boicottaggio della terapia; non mancheranno frasi come “Dottore, non è cambiato nulla, anzi va sempre peggio”, “Credo che io sia un caso disperato ed insolubile”, “Non ci siano, dottore, io non credo che lei sia veramente in grado di far fronte ad un caso difficile come il mio”
Differenze e associazioni con altri rimedi
Il rimedio dal quale principalmente occorre differenziare Gorse è Gentian. Entrambi sono inseriti da Bach nel gruppo dell’incertezza e si riferiscono, pur con intensità assai diversa, ad una perdita di prospettiva positiva. Ne deriva l’incertezza e la conseguente riduzione o perdita di speranza (soprattutto Gorse) e di fiducia (soprattutto Gentian). Entrambi i rimedi aiutano a modificare in meglio le aspettative e quindi a rinnovare certezza e fiducia nel proprio progetto di vita.
Gentian è per lo scoraggiamento dopo un insuccesso, un ostacolo per cui non bisognerebbe arrendersi. Trattasi di uno stato da cui è possibile riprendersi più facilmente e si avviano nuovi tentativi. Gorse invece come già esposto è per uno scoraggiamento molto più intenso che diventa perdita di speranza, rinuncia e resa.
Altri rimedi da cui differenziare Gorse sono: Sweet Chestnut (“angoscia tanto grande da sembrare insopportabile”), Elm (“periodi di depressione quando si sente che l’impresa in cui ci si è impegnati è troppo difficile al di là del potere dell’essere umano”), Wild Rose (“apatica rassegnazione e rinuncia alla lotta per la vita”) e Mustard (“malinconia e/o disperazione in cui potrebbe non essere possibile dare una ragione o una spiegazione”). Quando un paziente ci parla di “depressione” potremo e dovremo, in prima battuta, pensare a questi rimedi nonché a Hornbeam ed Olive; saranno le nostre capacità di cogliere i segnali del linguaggio non verbale e paraverbale e le nostre domande mirate a permetterci di discriminare le coloriture e le intensità dello stato del paziente; potremo, così proporre una personalizzata associazione di questi medicinali.
Armonizzazione dello stato Gorse
Come già detto, se lo stato Gorse è dovuto ad un radicato copione di vita e/o a meccanismi di difesa altrettanto inveterati, il percorso di armonizzazione sarà arduo e tortuoso.
Se, invece, lo stato relativo al rimedio Gorse, è transitorio e causato da eventi esterni, (nonostante che in un questi casi la disperazione potrà essere particolarmente acuta) allora l’armonizzazione potrà avvenire in modi più semplici ed in tempi più brevi.
In entrambi i casi ciò che dovrà essere attivata è un rinnovata speranza.
Dovranno essere prese in considerazione ed assunte profondamente, nuove prospettive, nuovi modi di relazionarsi con se stessi e con la realtà. Le persone “costituzionalmente” disperate e rinunciatarie dovranno, con pazienza, essere accompagnate a sperimentare (attraverso diverse emozioni, pensieri e comportamenti) differenti e più sereni schemi esistenziali.
Clinica
Durante una conferenza sulla Floriterapia di Bach una signora presente tra il pubblico raccontò una sua rimarchevole esperienza di qualche anno prima. Le era stato diagnosticato un tumore maligno al cervello, le avevano prospettato non più di sei mesi di vita. Tornata a casa si stende sul letto e la disperazione più cupa si impadronisce di lei. Conosce qualcosa dei Floriterapici di Bach, ne ha qualcuno in casa. Sa che Gorse è per la disperazione, lo trova nell’armadietto dei medicinali, come un automa ne prende qualche goccia e stremata dorme per qualche minuto. Si risveglia, ha l’impressione di star bene ma, dopo una frazione di secondo, tutto il suo essere è invaso di nuovo dalla disperazione e dall’angoscia. Per un quarto d’ora rimane a fissare il soffitto, migliaia di pensieri e sentimenti diventano un rumore di fondo difficile da sostenere… ma ogni tanto, quasi senza accorgersene, fa cadere nella sua bocca una goccia di Gorse.
Sta per alzarsi per fare una delle cose più penose: vuole e deve telefonare ad un’amica ed al fratello per comunicare il verdetto, ma è come se le sue giunture fossero invecchiate improvvisamente di 30 anni. Le fa male ovunque ha l’impressione di aver fatto un incontro di pugilato. Ancora qualche goccia di Gorse. All’improvviso, con la velocità di una freccia scagliata da un arco potente, si fa strada nel magma del suo essere un ricordo: due o tre anni prima, mentre era da qualche parte (Un bar? Al mercato? Alla fermata degli autobus?), ascoltò alcune persone che parlavano tra loro di una clinica in Austria in cui, con il digiuno terapeutico, si curavano alcune gravi patologie tra cui anche i tumori maligni. Primo pensiero: “Avrò capito male o non ricordo bene?”. Un’altra goccia di Gorse. Secondo pensiero: “No, no, sono sicura di ricordare bene e di non aver capito male … ma sarà tutta una stupidata…. Quando mai si è sentito che il digiuno guarisce?”. Nervosamente un’altra goccia di Gorse. Terzo pensiero: “E come faccio a trovare la clinica? Non ne so nulla.” Ancora una goccia di Gorse. Dopo un pò si alza, è ancora vacillante, ma comincia forsennate ricerche per avere notizie su questa clinica e, nonostante all’epoca non esistesse internet, dopo due giorni le trova; la settimana successiva parte e viene ricoverata, fa quaranta giorni di digiuno, infine torna a casa completamente guarita.
DOTT. MICHELE IANNELLI
Medico, Specialista in Psicologia Clinica, Esperto in Neuroriflessoterapia Personalizzata (Medicina Punti Dolorosi), Psicoterapeuta, Omeopata, Floriterapeuta e Trainer di Camminata Metabolica.
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